
Restauro conservativo del gruppo statuario di Niobidi giacenti da Villa Adriana
Villa Adriana. Novembre 2020 – Febbraio 2021
Negli anni Cinquanta a Villa Adriana vennero alla luce diversi frammenti di sculture realizzate in bigio morato, varietà di marmo proveniente dalla Grecia o dall’Asia Minore molto diffusa nel II secolo d.C. durante il regno di Adriano. Grazie allo studio e al lavoro di ricomposizione operato in seguito, fu possibile ricondurre questi frammenti ad un ciclo statuario raffigurante la strage dei Niobidi, celebre episodio della mitologia greca che narra di come Niobe, madre orgogliosa di sette figli e sette figlie, osò deridere Latona che aveva generato solo Apollo e Artemide e per questo fu punita dovendo assistere alla morte di tutti i suoi figli proprio per mano dei gemelli divini.
Il gruppo in oggetto rappresenta due figure femminili giacenti su un suolo roccioso (iconografia estremamente rara nella tipologia nota tramandataci dalle repliche romane di questo ciclo scultoreo) ed è ricomposto da diversi frammenti; le parti nude delle figure, andate perdute, erano lavorate separatamente in marmo bianco e inserite in un secondo momento.
L’opera fu oggetto di restauro negli anni ’80, durante il quale si effettuò una pulitura e l’assemblaggio dei pezzi, di peso notevole, mediante incollaggi e sporadici perni in ferro. L’adesivo utilizzato in tale occasione nel tempo ha perduto la sua funzionalità ed il gruppo scultoreo ha subito progressivamente il distacco delle parti ricomposte fino a divenire inamovibile dalla cassa nella quale era conservato. Si è reso quindi necessario un intervento conservativo durante il quale eseguire la rimozione e ricollocazione, mediante idoneo incollaggio o utilizzo di perni, dei frammenti già distaccati o in fase di distacco, per assicurarne la solidità; l’occasione era inoltre importante per prevedere la reintegrazione delle mancanze in un’ottica di presentazione estetica che aiutasse finalmente la lettura dell’opera, ormai incomprensibile nella sua frammentarietà.
Il restauro, condotto dalla ditta Carlo Usai Restauro, è risultato molto impegnativo, a causa delle difficoltà di movimentazione dell’opera per dimensioni e peso notevoli e per l’emergere di ulteriori nuovi distacchi durante le fasi d’intervento che hanno complicato non poco le operazioni di ricomposizione.
Dopo la rimozione del tavolato ligneo sul quale era collocato il gruppo, sono stati contrassegnati tutti i frammenti distaccati per poter in seguito ritrovare le connessioni. Una volta rimossi meccanicamente i residui del vecchio adesivo, i frammenti sono stati rimontati, partendo dai più piccoli e proseguendo con sezioni sempre più grandi da unire tra loro, mediante resina epossidica mescolata ad aggregato sottile per renderla più viscosa. Per tenere uniti i pezzi, anziché utilizzare cinghie e morsetti si è sfruttato il loro stesso peso, sovrapponendoli verticalmente uno sull’altro durante la presa dell’adesivo. Ciò ha comportato quindi diverse movimentazioni, operate con l’ausilio di paranco e gru idraulica. Una delle sezioni più grandi, che non era stata mai montata in passato forse proprio a causa del suo peso, è stata fissata al resto del manufatto mediante perni in acciaio.
Contestualmente al montaggio delle sezioni sono stati riempiti i vuoti interni, per evitare che potessero nuovamente creare sollecitazioni e provocare il collasso verso l’interno dei frammenti, utilizzando una malta mescolata con sfere di polistirene per alleggerirne il peso.
Una volta completato il rimontaggio, sono state pulite tutte le superfici dai depositi accumulatisi nel tempo, recuperando il colore peculiare del marmo bigio. Per effettuare le integrazioni delle mancanze e ricostituire una unità figurativa e di lettura dell’opera è stata predisposta una malta di colore e granulometria simile al materiale originale con la quale sono state risarcite le lacune reintegrabili.
L’opera infine è stata collocata su una nuova base in acciaio dipinto in modo da rendere più agevoli e sicure le movimentazioni future.
L’intervento di restauro, necessario per garantire la sicurezza dell’opera, è stato fondamentale sia per ripristinare la fruizione di questo evocativo ed affascinante gruppo scultoreo sia come momento di studio e approfondimento sui dettagli della tecnica esecutiva o della sua storia conservativa, anche antica. Durante la ricomposizione infatti sono stati individuati sulla superficie dei punti contraddistinti da aree circolari di colore più chiaro circondati da piccole e diffuse fratture che verosimilmente corrispondono a zone in cui in antico sono stati inferti colpi pesanti per demolire il marmo e recuperare le parti in marmo bianco per destinarle ad una fornace di calce. L’osservazione ravvicinata delle superfici inoltre ha permesso di notare una leggera forma di erosione localizzata sul lato destro della scultura che potrebbe fornire interessanti indicazioni sulla originaria collocazione del manufatto.